LA RESPONSABILITA’ PENALE DEL TECNICO PER ANOMALIE NELLE ASSEVERAZIONI:LA SENTENZA

Superbonus: secondo la Cassazione penale va riconosciuto il “fumus” della compartecipazione al reato di truffa aggravata ai danni dello Stato per il professionista asseveratore, in presenza di evidenti anomalie come l’incoerenza dei dati, l’assenza delle relazioni tecniche e dell’Ape, il pagamento dei premi assicurativi da parte del committente, il numero particolarmente elevato di asseverazioni redatte.
La Corte di Cassazione, sentenza 08/11/2022, n. 42010, ha confermato il sequestro preventivo di somme ai danni di un tecnico abilitato, asseveratore per interventi Superbonus, accusato di compartecipazione nel reato di truffa aggravata ai danni dello Stato assieme a un Consorzio, appaltatore dei lavori (mai eseguiti) e committente del professionista stesso in qualità di General Contractor.
La Sentenza ha scatenato una serie di reazioni da parte degli Istituti bancari per la cessione dei crediti, come ad esempio il blocco alle cessioni da parte di Poste Italiane; l’Autorità giudiziaria si sta concentrando a tappeto su casi di truffe macroscopiche, con ricadute anche sulle migliaia di imprese e professionisti che operano con professionalità e diligenza, che si trovano purtroppo penalizzati per via di presunte operazioni criminali a danno dello Stato
Il ruolo del tecnico asseveratore, secondo i giudici della Suprema Corte in riferimento alla Sentenza sopra citata può generare il “fumus” della partecipazione al meccanismo fraudolento, in virtù delle seguenti circostanze:
* il professionista ha svolto il ruolo di asseveratore in 139 pratiche di Superbonus nell’arco di pochi mesi;
* sono stati reperiti i contratti assicurativi sottoscritti dal professionista, il premio di almeno uno dei quali sarebbe stato pagato dal GC stesso, circostanza che appare anomala, atteso che è il tecnico asseveratore a dover sottoscrivere la polizza assicurativa a garanzia di eventuali danni provocati dalla sua attività e non l’impresa che effettua i lavori sui quali si svolge la verifica del tecnico;
* non sono state rinvenute fatture emesse dal professionista a fronte dei pagamenti ricevuti dal Consorzio per le asseverazioni rilasciate;
* le asseverazioni sono state firmate tramite una firma apposta dal professionista tramite un file immagine, sempre identica, espressione secondo i Giudici di una modalità “automatica” di asseverazione, compiuta in difetto dei necessari controlli e delle verifiche previste dalla legge che sono alla base dell’attività dell’asseveratore;
* le asseverazioni si riferiscono tutte al primo SAL del 30%;
* che nelle asseverazioni non viene dichiarato il numero di protocollo del deposito in Comune, prima dell’ inizio lavori, della relazione tecnica ex art. 28 della L. 10/1991 e art. 8 del D. Leg.vo 192/2005, ma solo la dizione “PEC”, e che non viene allegato l’APE convenzionale post intervento;
* che il computo metrico allegato alle asseverazioni è in molti casi non pertinente e il relativo importo complessivo dei lavori non coincide con quanto dichiarato nell’asseverazione;
* che in alcuni casi viene erroneamente dichiarato che il Comune di ubicazione dell’edificio oggetto dell’intervento è compreso nell’elenco dei comuni di cui al comma 4-ter, art. 119 del D.L. 34/2020.
CONFISCA DEI PROFITTI – Tutto ciò, per i giudici del riesame, consente di ritenere sussistente il fumus in ordine alla partecipazione del tecnico al sistema illecito in contestazione, atteso che il suo è senza dubbio un ruolo fondamentale per la riuscita del piano criminoso e la realizzazione della truffa ai danni dello Stato.
Altresì il quadro descritto giustifica – anche in base all’orientamento espresso dalla Cassazione a Sezioni Unite 27/05/2021, n. 42415 – il sequestro del denaro costituente profitto o prezzo del reato, rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito. Tale sequestro è da qualificarsi sempre come “diretto”, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione.
In altri termini, può essere confiscata qualsiasi somma rinvenuta nel patrimonio del soggetto, anche se non si tratti proprio delle somme oggetto del reato, ma di altre somme anche di provenienza lecita.