CILA E DEMOLIZIONE: IL COMUNE NON PUO’ ORDINARE LA DEMOLIZIONE SENZA MOTIVAZIONE ADEGUATA

Una recente sentenza del TAR Catania (n. 1061/2025) affronta un tema cruciale nell’ambito dell’edilizia: la legittimità di un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune per interventi che, secondo il privato, sarebbero stati realizzati nel rispetto delle procedure previste per opere soggette a Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA) o semplice CIL.
Il Tribunale ha chiarito un principio importante: in caso di opere realizzabili tramite edilizia libera o comunicata, l’eventuale avvio dei lavori senza presentazione della comunicazione non comporta automaticamente l’adozione di un ordine di demolizione, ma solo l’irrogazione di una sanzione pecuniaria. La demolizione, infatti, rappresenta una misura straordinaria che richiede una motivazione puntuale e un’istruttoria approfondita.
Il giudizio nasce dal ricorso presentato da una società che aveva preso in affitto un terreno da destinare a stoccaggio di autoveicoli. Su quell’area erano state realizzate alcune opere funzionali all’attività, tra cui:
- Prefabbricati per uso tecnico;
- Recinzioni e rampe di accesso;
- Pali di illuminazione;
- Una stradella interna e posa di ghiaia.
Per queste opere, la società aveva presentato una CILA per i prefabbricati e una SCIA per l’attività commerciale. In aggiunta, la proprietà del terreno aveva notificato una CIL per altri lavori minori.
Nonostante ciò, il Comune ha emesso un’ordinanza di demolizione, ritenendo le opere abusive e sostenendo che avrebbero richiesto il permesso di costruire. Tuttavia, secondo il TAR, tale provvedimento è risultato privo di un’adeguata motivazione.
Il Tribunale ha evidenziato che il Comune si è limitato ad affermare genericamente che le opere richiedevano un titolo edilizio maggiore, senza spiegare perché le comunicazioni già presentate (CILA e CIL) non fossero sufficienti.
In particolare, secondo il TAR:
- Il Comune non ha mai annullato o dichiarato inefficaci i titoli comunicati;
- Non ha specificato le ragioni per cui le opere non potessero rientrare in edilizia libera o in attività soggette a mera comunicazione;
- Mancava un accertamento tecnico sulla natura e finalità delle opere (permanenti o temporanee? rilevanti dal punto di vista edilizio o meno?);
- Non è stato considerato se i lavori fossero effettivamente soggetti a titolo abilitativo secondo le norme vigenti.
Il TAR ha ricordato che l’art. 31, comma 2 del DPR 380/2001 impone alla pubblica amministrazione di condurre una verifica concreta prima di ordinare la demolizione di un’opera. Ciò implica un’attenta valutazione sia dei fatti (tipologia dell’intervento, contesto) sia del diritto (normativa applicabile, tipo di titolo edilizio richiesto). Il Tribunale ha quindi annullato l’ordinanza comunale, sostenendo che l’intervento contestato fosse astrattamente riconducibile all’edilizia libera o a quella soggetta a CILA/CIL. Anche qualora le comunicazioni fossero state incomplete o non conformi, l’eventuale irregolarità nella procedura non avrebbe giustificato automaticamente l’ordine di demolizione. In questi casi, infatti, la sanzione prevista è solo di tipo pecuniario, come previsto dagli articoli 6 e 6-bis del Testo Unico Edilizia.
Un passaggio significativo della sentenza riguarda l’approccio della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini. Il TAR sottolinea che la presentazione della CILA o della CIL rappresenta un atto di trasparenza e collaborazione, che permette alla PA di esercitare il controllo e verificare la correttezza dell’intervento edilizio. Tale comportamento esclude la clandestinità dell’opera, e impone alla pubblica amministrazione di valutare attentamente se il titolo presentato sia sufficiente o se siano necessari ulteriori chiarimenti. Non può esserci, quindi, una risposta repressiva sproporzionata come la demolizione, se non motivata con rigore.
Inoltre, viene ribadito il valore dei principi di buona fede, collaborazione e leale cooperazione tra cittadino e pubblica amministrazione, come richiamati anche dall’art. 1, comma 2-bis della Legge 241/1990.
La sentenza del TAR Catania rappresenta un importante monito per le amministrazioni locali: l’adozione di misure demolitorie deve essere sorretta da un’istruttoria accurata e da motivazioni dettagliate, soprattutto quando il privato ha già presentato titoli edilizi che, almeno in astratto, potrebbero giustificare l’intervento.
In definitiva, se un’opera è compatibile con l’edilizia libera o comunicata, la mancanza della comunicazione non comporta demolizione, ma solo una sanzione economica. La pubblica amministrazione, quindi, è chiamata ad agire nel rispetto del principio di proporzionalità e a mantenere un rapporto costruttivo con i cittadini, evitando interventi affrettati o eccessivi.