AMIANTO: OMICIDIO COLPOSO PER IL DATORE DI LAVORO

Amianto e danni alla salute

minerali di amianto, detto anche asbesto, con le loro fibre provocano danni alla salute (asbestosi, placche pleuriche, mesotelioma, tumore del polmone e altre neoplasie del sistema respiratorio e del tratto gastro intestinale). Una volta riconosciute le sue caratteristiche di pericolosità si è provveduto, con la legge 257 del 27 Marzo 1992, a vietarne l’utilizzo, l’importazione e la commercializzazione.

Di fatto tuttavia la sola presenza di amianto in se non rappresenta una fonte di pericolo, poiché la nocività è legata allo sfaldamento dei materiali dovuto a deterioramento per assenza di manutenzione o danneggiamento; contrariamente a quanto generalmente si creda, la legge del 1992 ha imposto il divieto di fabbricare nuovi prodotti in amianto, ma non sussiste nessun obbligo di rimozione dei prodotti preesistenti, sebbene la presenza dei materiali contenenti amianto debba essere censita e segnalata alle autorità competenti (ASL), in modo che se ne possa verificare l’integrità e di conseguenza la salubrità degli ambienti circostanti. La valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro, è definita nell’art 249 del D.Lgs 81/08 in cui viene esplicitamente ricordato l’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi . La sicurezza è fondamentale per i lavoratori, che debbono essere garantiti. A riguardo la sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che, nel caso in cui il datore di lavoro non provveda a garantire tutti gli strumenti per la totale sicurezza dei lavoratori, un eventuale decesso è imputabile come omicidio colposo. In questo caso, l’udienza ha trattato il problema del danno da esposizione all’amianto. Che, come sappiamo, è un materiale che in passato veniva utilizzato tantissimo soprattutto per la realizzazione dei tetti. Ma che poi si è scoperto essere un elemento tossico e nocivo per la salute delle persone,

Sentenza Cassazione: il caso

Il caso trattato durante l’udienza ha posto in accusa una S.p.A. È risultato che una delle dipendenti dell’azienda, assicurata con la mansione di addetta a montaggio e smontaggio, avesse riportato delle lesioni gravissime dovute all’esposizione all’amianto. La donna, che in seguito ha dovuto combattere con la nascita di un mesotelioma pleurico. Si tratta di una tipologia gravissima di tumore maligno, che nasce dalla cavità toracica e colpisce i polmoni. La dipendente purtroppo è deceduta. Le analisi e gli studi medici effettuati però, hanno riportato la presenza di particelle di amianto nel corpo della donna. Definendo che la causa della comparsa del tumore sia dovuta proprio all’esposizione alla sostanza tossica.

S.p.A. risponderà di omicidio colposo

La Cassazione, con la sentenza n. 12151 del 15 aprile 2020, ha stabilito che, nonostante le particelle di amianto ritrovate fossero di piccole dimensioni, il nesso causale sussiste. Il perito nominato per il caso, ha infatti appurato che la nascita del tumore sia da imputare all’esposizione all’amianto. E che l’unica occasione che la donna avesse di inalare particelle di amianto, era in ambito professionale. Sono intervenuti anche diversi testimoni ad appoggiare la tesi. Colleghi di lavoro della donna defunta che hanno voluto denunciare ciò che accadeva all’interno dell’azienda. Questi erano addetti allo stesso settore della vittima, e confermano che durante l’utilizzo di trapani e svitatori, si liberavano nell’aria polveri di amianto. Come se non bastasse, questi hanno dichiarato che l’impianto di aspirazione non funzionava, e che nessuno si preoccupava di effettuare i dovuti controlli. Insomma, i legali dell’azienda accusata non hanno potuto fare niente di fronte a così tante prove e testimonianze. E ora i responsabili dell’S.p.A. dovranno rispondere del reato di omicidio colposo.

La Cassazione afferma quindi che: “La violazione delle norme sulla prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, che conduce alla morte del lavoratore, configura omicidio colposo in capo al datore di lavoro”. e il suo utilizzo è diventato quindi illegale.