IMMISSIONE DI RUMORE: RESPONSABILITA’ DEL CONDUTTORE
Con l’ordinanza n. 4908/2018, pubblicata il 1 marzo scorso, la Corte di Cassazione si è occupata della questione relativa alla responsabilità del proprietario di un immobile concesso in locazione per i danni da immissioni di rumore provocati dall’inquilino a terzi, affermando il seguente principio di diritto:
“il proprietario d’un immobile concesso in locazione non risponde dei danni provocati dal conduttore in conseguenza di immissioni sonore intollerabili, a meno che non si accerti in concreto che, al momento della stipula del contratto di locazione, il proprietario avrebbe potuto prefigurarsi, impiegando la diligenza di cui all’art. 1176 c.c., che il conduttore avrebbe certamente recato danni a terzi con la propria attività.”
IL CASO: La vicenda nasce dalla richiesta di risarcimento danni formulata da alcuni condomini di uno stabile nei confronti del proprietario e del conduttore di un locale posto a piano terra del condominio concesso in locazione ed adibito a bar dal quale provenivano immissioni sonore intollerabili per effetto di intrattenimenti musicali. Inoltre, i suddetti condomini chiedevano al Tribunale di ordinare alle convenute la cessazione delle suddette immissioni e l’insonorizzazione del locale.
Il Tribunale dichiarava la cessazione della materia del contendere in riferimento alla richiesta di cessazione delle immissioni moleste e condannava la proprietaria dell’immobile al pagamento in favore dei condomini attori di un’ingente somma di denaro a titolo di risarcimento danni e la società conduttrice a rivalere la proprietaria delle somme pagate agli attori. Successivamente la Corte di Appello, in sede di gravame, accoglieva parzialmente l’appello riducendo la somma determinata a titolo di risarcimento dei danni. Pertanto, la società proprietaria dell’immobile proponeva veniva ricorso per Cassazione denunciando, fra l’altro, la violazione dell’art. 2043 codice civile.
Norme di riferimento:
Art. 2043 codice civile: Risarcimento per fatto illecito
“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto,obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”
Art. 1176 codice civile Diligenza nell’adempimento
“Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia .
Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.
LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, gli Ermellini hanno osservato che:
1.Le Sezioni Unite con la sentenza n. 2711 del 21/07/1969, hanno affermato che nell’ipotesi in cui le immissioni moleste siano prodotte dal detentore di un immobile, l’eventuale sussistenza della legittimazione passiva del proprietario di questo, non ne comporta l’automatica responsabilità per il risarcimento dei danni, essendo, all’uopo necessaria la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa e del nesso oggettivo di causalità (e non di mera occasionalità) fra la concessione dell’immobile al terzo ed i danni subiti dal fondo contiguo;
- In applicazione del suddetto principio, la Corte di Cassazione ha affermato che: “in materia di immissione intollerabili, allorchè le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi” (Cass. Sez. 3, sentenza n. 11125 del 28/05/2015);
- Ai fini dell’articolo 2043 c.c., la colpa lieve rilevante può consistere
A) tanto nella violazione di precetti giuridici (legge, regolamenti, contratti). In questi casi l’accertamento della colpa esige la previa individuazione della regola giuridica che il presunto responsabile avrebbe dovuto rispettare, e che non rispettò;
B) quanto nella violazione di regole di comune di prudenza. In questi casi, l’accertamento della colpa esige che si stabilisca previamente quale sarebbe dovuta essere la condotta prudente da seguire, in funzione delle circostanze e della qualità soggettiva dell’agente: ciò vuol dire che dall’uomo comune sarà esigibile la diligenza del bonus paterfamilias, e dell’imprenditore commerciale quella dell’homo eiusden generis et condicionis, secondo la regola generale dettata per qualsiasi tipo di obbligazione, ivi comprese quelle da fatto illecito, dall’articolo 1176 c.c.
- Al fine di configurare la sussistenza di una colpa aquiliana del proprietario dell’immobile si deve accertare in punto di fatto se, al momento in cui il locale viene concesso in locazione, questi potesse o non potesse prevedere con l’ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili.
Pertanto, sulla scorta delle suddette osservazioni e del suddetto principio di diritto, la Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento, ha accolto il primo motivo del ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Appello per un nuovo esame che dovrà tener conto del principio affermato.
TESTO DELLA SENTENZA
Civile Ord. Sez. 6 Num. 4908 Anno 2018 Presidente: AMENDOLA ADELAIDE Relatore: ROSSETTI MARCO Data pubblicazione: 01/03/2018 ORDINANZA sul ricorso 5182-2016 proposto da: E.M. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANASTASIO II 80, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO BARBATO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO GERMINETTI; -ricorrente – contro S.A., D.F.V., P.S., S.S., P.R., P.A., S.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato LUISA GOBBI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLA MARIA D’AMELIO;
contro
ricorrenti contro
C.L., Q. SRL, M. SRL; – intimati – avverso la sentenza n. 4745/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.
Rilevato che: nel 2010 L.C., V.D.F., S.P., R.P., A.P., S.S., A.S. e S.S. convennero dinanzi al ‘Tribunale di Milano le società M. s.r.l. e La V.B. di P. & c. s.a.s. (che in seguito si fonderà per incorporazione nella E. s.r.1., e come tale sarà d’ora innanzi sempre indicata),
esponendo che:
(-) erano condòmini del fabbricato sito a Milano, via Valtellina 18;
(-) al piano terra del fabbricato esisteva un locale, di proprietà della E.srl e concesso in locazione alla M. s.r.1., adibito a bar;
(-) da questo bar, nel quale si eseguivano intrattenimenti musicali, provenivano immissioni sonore intollerabili;
chiesero pertanto la condanna di ambedue le convenute a cessare le suddette immissioni, ad insonorizzare il locale ed a risarcire i danni patiti dagli at con sentenza 5.4.2013 n. 4717 il Tribunale dichiarò cessata la materia del contendere relativamente alla domanda di cessazione delle immissioni moleste; condannò la E. srl al pagamento in favore degli attori, complessivamente, di 309.600 euro; condannò la M. s.r.l. a rivalere la E. srl di quanto pagato agli attori; la sentenza venne appellata dalla E.srl; con sentenza 11.12.2015 n. 4745 la Corte d’appello di Milano accolse parzialmente il gravame, rigettando la domanda risarcitoria proposta dai soli V.D.F. e L.C., e per l’effetto riducendo la complessiva condanna della E. srl e 232.200 euro; la sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla E. s.r.l. con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria; hanno resistito con controricorso unitario, illustrato da memoria, V.D.F., S.P., R.P., A.P., S.S., A.S. e S.S.;
Considerato che: col primo motivo di ricorso la E. srl lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2043 c.c.; espone a tal riguardo una tesi così riassumibile:
(-) la Corte d’appello ha ravvisato una colpa aquiliana della E. srl nella mancata adozione degli interventi necessari ad impedire il verificarsi del danno, ed in particolare nel non avere vigilato sull’uso che della cosa locata faceva il conduttore, in modo da evitare che provocasse danno agli altri condòmini;
(-) il locatore d’un immobile, tuttavia, non è affatto tenuto a garantire che il conduttore non arrechi danni a terzi, e non può rispondere verso questi ultimi dei fatti illeciti commessi dal conduttore, per la ragione che non ha alcun obbligo di prevenirli; il motivo è fondato;
la Corte d’appello ha ritenuto che la E. srl dovesse rispondere ai sensi dell’art. 2043 c.c. dei danni lamentati dagli attori, per avere tenuto una condotta colposa; l’elemento oggettivo dell’illecito (la condotta) è stato ravvisato nel “non essere intervenuta né avere vigilato sull’uso che della cosa locata facevano i conduttori, in modo da evitare che provocasse danno agli altri proprietari”; l’elemento soggettivo dell’illecito (la colpa) è stata ravvisata nella circostanza che la E. srl “fosse a conoscenza, sin dalla proposizione del ricorso ex art. 700 c.p.c. da parte degli odierni appella (ti) delle immissioni (..), sebbene il ricorso nei suoi confronti sia stato reipinto, non avendo il giudice ritenuto necessari interventi strutturali”; quest’ultima statuizione non è corretta, e costituisce effettivamente una violazione dell’art. 2043 c.c., nella parte in cui tale norma esige l’accertamento in concreto della colpa;
le Sezioni Unite di questa Corte, già da molti anni, hanno stabilito che nell’ipotesi in cui le immissioni moleste siano prodotte dal detentore d’un immobile, l’eventuale sussistenza della legittimazione passiva del proprietario di questo, non ne comporta l’automatica responsabilità per il risarcimento dei danni, essendo, all’uopo, necessaria la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa e del nesso oggettivo di causalità (e non di mera occasionalità) fra la concessione dell’immobile al terzo ed i danni subiti dal fondo contiguo (Sez. U, Sentenza n. 2711 del 21/07/1969); in applicazione di questo principio, questa Corte ha già affermato che “in materia di immissioni intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudi a carico di terzii”(Sez. 3, Sentenza n. 11125 del 28/05/2015); or bene, la colpa civile rilevante ai fini dell’art. 2043 c.c. può consistere tanto nella violazione di precetti giuridici (legge, regolamenti, contratti), quanto nella violazione di regole di comune prudenza; nel primo caso, l’accertamento della colpa esige la previa individuazione della regola giuridica che il presunto responsabile avrebbe dovuto rispettare, e che non rispettò; nel secondo caso, l’accertamento della colpa aquiliana esige che si stabilisca previamente quale sarebbe dovuta essere la condotta prudente da seguire, in funzione delle circostanze e della qualità soggettiva dell’agente: ciò vuol dire che dall’uomo comune sarà esigibile la diligenza del bonus paterfamilias, e dall’imprenditore commerciale quella dell’homo eiusdem generis et condicionis, secondo la regola generale dettata per qualsiasi tipo di obbligazione, ivi comprese quelle da fatto illecito, dall’art. 1176 c.c. (sulla necessità che anche la colpa aquiliana sia valutata in base ai criteri di diligenza dettati dall’art. 1176, primo e secondo comma, c.c., si veda ex multis Sez. 3, Sentenza n. 2639 del 10/03/1998); nella vicenda oggi all’esame di questa Corte, deve escludersi che la E. srl avesse un obbligo di vigilanza, di intervento o di veto nei confronti del locatore, che scaturisse da norme positive o contrattuali; in tanto, perciò, si sarebbe potuta affermare la sussistenza della colpa della E. srl, in quanto si fosse accertato che un astratto proprietario di immobili “diligente”, al posto della odierna ricorrente, avrebbe tenuto una condotta diversa; la “condotta diversa” teoricamente esigibile dal proprietario d’un immobile che intenda locarlo ad uso di pubblico esercizio non potrebbe che consistere in due atti: o rifiutare la locazione, o recedere dal contratto, posto che sarebbe inesigibile dal locatore, obbligato a garantire il pacifico godimento della cosa locata, una manus iniectio sul conduttore vòlta ad impedirgli di far chiasso; la conclusione è che, per potere affermare la sussistenza d’una colpa aquiliana della E. srl, si sarebbe dovuto accertare in punto di fatto se, al momento in cui questa concesse in locazione il proprio immobile alla M. s.r.1., potesse o non potesse prevedere con l’ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la società conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili; tale accertamento, tuttavia, nel nostro caso è mancato: la Corte d’appello si è limitata ad accertare che la E. srl, due anni prima dell’introduzione del presente giudizio, fosse a conoscenza dell’esistenza di immissioni moleste, provocate però dal precedente conduttore dell’immobile (la società Q. s.r.1.); pertanto, affermando la sussistenza d’una colpa aquiliana senza avere previamente accertato in fatto la sussistenza d’una condotta imprevidente, la Corte d’appello ha falsamente applicato l’art. 2043 c.c.; la sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, la quale nel riesaminare l’appello della E. srl applicherà il seguente principio di diritto: “il proprietario d’un immobile concesso in loca:zione non risponde dei danni provocati dal conduttore in conseguenza di immissioni sonore intollerabili, a meno che non si accerti in concreto che, al momento della stipula del contratto di locazione, il proprietario avrebbe potuto prefigurarsi, impiegando la diligenza di cui all’art. 1176 c.c., che il conduttore avrebbe certamente recato danni a terzi con la propria attività”; il secondo ed il terzo motivo di ricorso restano assorbiti; le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio; P.q.m. (-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 14 dicembre 2017
Fonte: AvvocatoAndreani.it Risorse Legali